domenica 2 febbraio 2014

Apologia della critica.

Eccomi tornata, presto come avevo promesso, con un altro post!
Ultimamente mi è capitato di dibattere con qualcuno su un argomento. La questione in sé non era nulla di che, ma ovviamente è stata estesa perché io, nel mio desiderio di apportare dei termini di paragone per spiegarmi meglio, sono andata a sfociare in altri ambiti. Sostanzialmente siamo arrivati a parlare della critica, sebbene questo termine non sia mai stato impiegato durante la conversazione.
Il mio interlocutore sosteneva che bisogna saper apprezzare il pensiero che sta dietro ogni azione. Quindi, in sostanza, niente e nessuno è criticabile.
Io, invece, che ritengo che la critica sia un ottimo modo perché l’oggetto della critica stessa possa migliorarsi, ritengo che, per quanto faccia male, sia necessario esprimere la propria opinione con sincerità.
Con sincerità non vuol dire brutalmente. E criticare non vuol dire insultare, per quanto molta gente sia convinta di sì, e mi dispiace moltissimo. “Critica” è un termine neutro. Per questo si parla di “critica negativa” e di “critica positiva”. Anche quella positiva aiuta a migliorarsi, perché indica quali sono i punti di forza dell’oggetto in questione. Ad esempio: se in uno spettacolo di danza in cui i ballerini si esibiscono in coppia, due vengono lodati per la loro bravura nelle alzate, il coreografo cosa penserà? Che bisogna puntare su quello.

A proposito di questo in una puntata della terza stagione dello show americano “So you think you can dance” c’è stata un’esibizione meravigliosa sulle note di “The charmain’s waltz”, dal film “Memorie di una Geisha”. E’ stata eseguita dai ballerini Hok e Jamie, mentre la coreografia era del pluripremiato genio Wade Robson. Il concetto del pezzo vedeva in Hok un colibrì e in Jamie il fiore di cui lui era innamorato. Alla fine della commovente ed esteticamente impeccabile coreografia, i giudici hanno apprezzato la capacità del coreografo di aver saputo puntare sui punti di forza dei singoli ballerini: il basso baricentro di Hok, e le linee sinuose di Jamie. Spesso era stata criticata l’incapacità di Hok di essere sinuoso (da ballerino di break dance qual’era), mentre Jamie era sempre stata lodata per le sue linee armoniose. Da queste critiche era chiaro su che cosa bisognava puntare per ottenere un’esibizione di un certo effetto e mettere in luce i ballerini. Non per nulla il pezzo ha vinto un Emmy, quell’anno.
Il pezzo sarebbe questo:

Per farvi capire invece perché, a mio parere, l’intenzione non è sufficiente a ottenere un giudizio positivo, vi parlo sempre dello stesso show. Nella quarta stagione il coreografo Jean Marc Généreux e sua moglie hanno creato per i ballerini Kerington e Twitch un pezzo sulle note di “A new day has come” di Céline Dion. Jean Marc (scusatemi se chiamo i coreografi per nome invece che per cognome come sarebbe più educato, ma guardo lo show da così tanto tempo che ormai mi sono affezionata) ha voluto affidare un significato a questo pezzo, come altri coreografi in passato avevano fatto. In particolare si è ispirato alla storia della figlia, una bambina che, colpita da una gravissima malattia, non può più muoversi. Le uniche volte in cui sembra riscuotersi, anche solo un pochino, sono quelle in cui guarda il programma in televisione. I movimenti dei ballerini le piacciono. Così ha creato quel pezzo per lei. Kerington è una sorta di angelo, e il significato del pezzo è assegnato ai versi stessi della canzone. Si parla di un nuovo giorno, di un miracolo.
Nel caso voleste guardarlo e farvi un’idea, eccolo:

Ora: due giudici su tre sono stati positivamente impressionati. Io stessa avevo apprezzato moltissimo l’esibizione. Ma il terzo giudice, la grande, grandissima coreografa Mia Michaels, la cui opinione è tenuta in considerazione più di quella di chiunque altro, non lo ha per nulla gradito.
Ovviamente è facile criticarla. Una persona come l’interlocutore a cui mi sono ispirata per scrivere questo post direbbe: “Ma lui ci ha messo se stesso in quel pezzo”.
Io invece penso che se guardassimo sempre l’intenzione che sta dietro ogni cosa, per la maggior parte delle volte dovremmo apprezzare tutto, anche le cose davvero inguardabili (nel caso della danza. Illeggibili nel caso della scrittura, inconcepibili nel caso di un’idea, immangiabili nel caso di un piatto, ecc.). Ma quando arriva il momento di giudicare, non possiamo pensare solo a cosa abbia dovuto passare quella persona per realizzare quella certa cosa.
E’ come a scuola. I professori non ci giudicano di certo in base a quanto abbiamo studiato. Ci giudicano in base alla prestazione, e ringrazio il cielo per questo. Io non sono mai stata il tipo che al liceo studiava dalla tre del pomeriggio alle 11 della sera, se non quando costretta da un carico di lavoro immane, come all’ultimo anno. C’erano miei compagni di classe che spendevano molto più tempo a studiare di quanto non facessi io. Eppure io rendevo meglio, magari perché mi serviva meno tempo per memorizzare certe nozioni. In effetti sono in tipo di persona che ricorda bene le cose dette in classe, per cui a casa non deve fare poi molto se non rispolverarle.
Di certo i professori non possono mettere 10 a chi studia otto ore e 4 a chi ne studia la metà. Perché non sempre il quantitativo di studio corrisponde all’effettiva preparazione.
Così è quindi anche per chi deve effettuare una critica. Non si può pensare “Poverino, gli piace tanto ballare, non posso dirgli che non sa farlo, meglio dirgli che è bravissimo e che deve continuare così”. Perché così si incoraggia una persona che in questo modo non ha la possibilità di scoprire il suo vero talento, una persona che andrà avanti a via di convinzione, che aprirà una scuola di danza e insegnerà quello che fa anche ad altri. Per andare con un esempio della stessa serie, vi presento lui, un tipo che si è presentato alle audizioni di So you think you can dance più volte di quante non riesca a contare, con il nome di "Sex", e che è convinto di essere un fenomeno della danza, e che siano i giudici a non capire il suo talento.

Attenzione, io non dico affatto che se una cosa piace ma non si è bravi nel farla, non bisogna farla. Ma se a me piace cantare eppure ferisco l’udito degli esseri viventi esibendomi, non c’è bisogno che vada a fare provini per i talent show. È ovvio che lì mi diranno che è meglio tornare a cantare sotto la doccia. Se a me piace la danza classica ma sono nata con due piedi sinistri e non riesco ad alzare la gamba nemmeno a 45°, forse è meglio che non mi faccia del male provando a esibirmi in pubblico. Posso anche andare a scuola di danza per il piacere di farlo, senza partecipare alle esibizioni. Posso ballare tutto quello che voglio finché non pretendo di andare a vincere una competizione a livello nazionale, perché è ovvio che non sono in grado.
Quindi approvo la critica, positiva o negativa che sia, la approvo e la pratico. Ma disdegno totalmente programmi come Materchef Italia o USA, che nella critica spietata che fanno non presentano nessun elemento costruttivo. Non trovo che nella denigrazione più umiliante ci sia del positivo. Per questo invece adoro alla follia Masterchef Australia, dove i giudici sono sempre educati, e sanno essere severi senza diventare volgari e sboccati all’ennesima potenza.
Quindi critica sì, anche severa, ma assolutamente non denigrazione, soprattutto non della persona, niente violenza psicologica o volgarità di sorta.
Detto questo, un saluto a tutti!
Smack,

Andra

5 commenti:

  1. (sono tornata perché mi ero ripromessa di finire a spulciare visto che è un bel blog: appena finisco il restyling al mio e metto la sezione link, ti lincerò subito!)

    Bellissimo post e interessantissimo pensiero! Io, fondamentalmente, sono d'accordo con te, e gli esempi che hai portato a corredo rendono davvero bene l'idea che vuoi esprimere. Hai fatto benissimo a ricordare la doppia valenza - sia negativa che positiva - della critica. Effettivamente non so perché ma pare che, nel parlato quotidiano, tenda a prevalere l'accezione "negativa".

    E sono d'accordo con te quando dici che non si può premiare solo l'intenzione perché in quel caso sarebbe l'apoteosi della mediocrità. Tipo, io suono il basso per sfizio e sono consapevolmente una capra: non vado a tempo nemmeno se mi pagano e giustamente il mio maestro mi fa lavorare su ogni singolo errore che commetto. Se per ogni mia sbavatura dicesse "beh, ci hai provato, andiamo avanti" io resterei una capra (cioè, lo resterei comunque perché credo che io e il tempo viaggiamo in due direzioni opposte, ma hai capito che intendo). Nessuno eccellerebbe mai in niente perché "ha fatto il possibile" e quel possibile è stato ritenuto sufficiente. Quando magari la sua vera strada era un'altra, ma non ha mai avuto modo di scoprirla perché bloccatosi a fare qualcosa che, per quanto gli piacesse, non era per lui. Io, comunque, suonando solo per divertirmi, posso permettermi di essere mediocre almeno in quell'ambito!

    Per concludere, giacché hai citato i programmi culinari, una volta mi è capitato per caso di vederne uno (non mi ricordo quale, non seguo la tv) condotto da Benedetta Parodi e sono rimasta assolutamente inquietata da uno dei giudici, un cuoco straniero che addirittura, per sottolineare il fatto che quel piatto in particolare gli facesse schifo, sparava anche delle parolacce. Roba che se l'avessi cucinato io, quel piatto, mi sarei sentita umiliata per il resto della vita. Perché, tra l'altro, la sua critica si è risolta solo negli insulti. Il povero sventurato sottoposto a giudizio non ha avuto nemmeno modo di capire cosa aveva sbagliato, e come avrebbe potuto fare per migliorarsi in futuro. Una cosa che io non riesco proprio a concepire.

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    1. Appena avrò un attimo di tempo (domani, presumibilmente) metterò qui di lato il link al tuo blog anche io, perché l'ho spulciato ben benino e l'ho trovato il migliore che abbia mai visitato. Davvero, io solitamente mi scoccio dopo un articolo, infatti seguo molti blog per modo di dire. Il tuo invece è davvero accattivante!

      Mi fa piacere non essere l'unica nota molesta per quanto riguarda questo argomento. Purtroppo ogni tanto mi trovo a passare per cattiva, e visto che la mia posizione non viene capita, ad un certo punto ho detto "Se sapete che non vi piacerà quello che avrò da dire, non chiedete la mia opinione".
      Come tu suoni il basso, io canto a squarciagola mentre cucino. Mi metto lì con le canzoni Disney di sottofondo e ci canto sopra con tanto di interpretazione dei personaggi, con il cucchiaio di legno (che occasionalmente uso per fare la giocoliera) come microfono. Questo non significa che parteciperò al prossimo X-Factor, perché canto proprio come Anastasia e Genoveffa.

      I programmi di cucina li aborro quasi tutti per i motivi che anche tu hai condiviso. Seguo Masterchef Australia perché lì sono tutti persone adorabili. Sanno essere severi, ma costruttivi. Spiegano per quale motivo il piatto non ha avuto successo. Ma poi ad esempio all'inizio della terza stagione ad una concorrente si è rotto il gallo di ceramica portoghese che lei usava come portafortuna. Ovviamente è andata nel panico, ma i giudici l'hanno accompagnata alla postazione, l'hanno tranquillizzata e le hanno incollato il gallo. A Masterchef USA glielo avrebbero anche tirato addosso. A Hell's Kitchen le avrebbero anche fatto mangiare i frammenti. E secondo me tra questo tipo di spettacolo e le lotte dei gladiatori romani non c'è alcuna differenza. Anzi, forse preferirei morire mangiata da un leone che essere pubblicamente umiliata come se fossi l'ultima pupù per strada.

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  2. Un giorno capirò perché Google mi manda le notifiche a caso (o non me le manda affatto).

    Mamma mia, hai dipinto uno scenario orrorifico di questo programmi di cucina! Eppure vanno tanto di moda, sarà che il pubblico a casa in genere si diverte a vedere le disgrazie degli altri (altrimenti non faremmo di ogni delitto irrisolto e di ogni processo uno show da guardare con i popcorn).

    E, niente, volevo ringraziarti per i complimenti e per - ehm - aver addirittura etichettato il mio blog come "preferito". E' una grossa responsabilità! Ora aggiungo anche io la sezione link come promesso (mi sono accorta sopra di aver scritto "linCerò" e ti assicuro che avevo tutt'altre intenzioni!

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    1. A me non arrivano notifiche, devo sentirmi ispirata e controllare da sola se ci sono commenti -.-
      Ad ogni modo il successo dei suddetti programmi mi risulta oscuro come la passione per i reality show. Ma ehi, predico sempre che de gustibus non disputandum est (che io reinterpreto come "ognuno si tenga i suoi gusti e non rompa le scatole agli altri"), perciò immagino di dover accettare che ci sia chi ama Gordon Ramsay e la sua stirpe di chef sadici.

      Per quanto riguarda il blog figurati, il tuo è davvero il mio preferito, per il semplice quanto per nulla scontato fatto che adoro come scrivi!
      A presto :)

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