mercoledì 19 febbraio 2014

Recensione #3: Silver di Kerstin Gier

Salve a tutti!
Stranamente torno a scrivere con una nuova recensione, invece che con una rubrica o con qualche post random, come mi sarei aspettata di fare. E lo so che continuo a dover pubblicare il numero di “Books vs Movies” dedicato a “La ragazza di fuoco”, ma davvero non ne ho voglia. Non perché le mie impressioni siano negative, tutt’altro. Semplicemente non riesco a mettere insieme tutti i pensieri, quando si tratta della trilogia di “Hunger Games”.

Così sono qui a parlarvi di “Silver” di Kerstin Gier, primo romanzo di una nuova trilogia dell’autrice. Autrice di cui amo, anzi, più che amo, adoro, il precedente lavoro, “La trilogia delle gemme”, composta dai volumi “Red”, “Blue” e “Green” (opera precedente per noi che siamo in Italia. L’autrice, originariamente tedesca, ha pubblicato in realtà moltissimi romanzi di cui non abbiamo la traduzione, e questa è l’unica volta nella mia vita in cui rimpiango di non sapere il tedesco). Senza remore posso affermare che la “Trilogia delle gemme” sia la mia trilogia preferita in assoluto. Mescola un insieme di elementi per cui non riuscirei a classificare facilmente i suoi romanzi. Al massimo potrei dire che sono “Young adult”, anche se non so fino a che punto il libro si trovi comodo in questa classificazione. “Silver”, primo di quella che si chiama “Trilogia dei sogni”, appartiene comunque allo stesso genere. Un Urban Fantasy molto light, ironico, non particolarmente impegnato, con personaggi buffi e strampalati, niente cattivi dal tragico passato, niente protagonisti in piena crisi mistico-esistenziale a causa della loro nuova identità.

Per farvi capire quanto mi sia piaciuta, basta andare a ripescare la mia classifica dei dieci personaggi femminili migliori degli YA e osservare che la protagonista de “La trilogia delle gemme”, Gwendolyn, e la sua migliore amica Leslie, occupano rispettivamente il secondo e il terzo posto. Due personaggi della stessa storia nella top 3. (Qui il post, se volete dare un'occhiata)

Oltretutto, nella mia segretissima e nascostissima lista (sono una fanatica delle liste. Ne ho stilata persino una dei migliori complimenti e peggiori insulti che io abbia ricevuto/possa ricevere, e la gente che mi conosce sarebbe davvero sorpresa di sapere quante volte al giorno mi offende, secondo tale lista) dei personaggi maschili libreschi per i quali ho avuto una cotta spassionata, Gideon, co-protagonista di Gwendolyn, è indicato con due stelline e mezza (il massimo è tre, ma dopo le tre stelline c’è il cuore, al primissimo posto) che stanno a significare “personaggio su cui mi sono fatta decisamente troppi filmini mentali”.
Inoltre, la già citata Leslie comparirà anche in un altro numero della rubrica “Besties”, che pubblicherò spero non tra molto.

Dopo queste dovute premesse, passiamo a “Silver”. Ovvio che io sia partita con aspettative che superavano la GRB 090423, ovvero la stella più lontana dalla Terra che sia mai stata avvistata (la sua esplosione risale a 13 miliardi di anni fa, non troppo tempo dopo il Big Bang). D’altro canto, però, una naturale sfiducia nella capacità di autori, registi, sceneggiatori vari di propormi una storia di cui io non possa indovinare la fine dopo il primo capitolo, o spezzone di film, o puntata, mi portava a pensare che avrei potuto perdere fiducia nell’autrice, perché temevo che la storia potesse essere banale.

Tanto per dirne una, poiché i tre volumi della prima saga di chiamavano “Red”, “Blue” e “Green” (in originale “Rubinrot”, “Saphirblau” e “Smaragdgrün”, ovvero rosso-rubino, blu-zaffiro e verde-smeraldo) ho ovviamente pensato che il seguito di “Silver” si sarebbe chiamato “Gold”, e il terzo volume “Platinum”. Scusate, ma dubitare è lecito. Pensavo che, essendo “Silver” il cognome della protagonista, però, magari non sarebbe stato così. E ho appena scoperto che la mia seconda ipotesi era giusta. A quanto ho capito anche gli altri si chiameranno così, con l’aggiunta di un sottotitolo.
Inoltre, dopo avere indovinato tutta l’esatta trama e la fine precisa nel dettaglio di “Shadowhunters, le origini: La principessa”, ultimo volume della trilogia vittoriana di Cassandra Clare, capirete bene che pensavo di capire dove la trama volesse andare a parare sin da questo primo volume.

Ebbene, sono davvero deliziata di dirvi che non ho la più pallida idea di dove la trama voglia andare a parare. A maggior ragione perché la storia sembrerebbe essersi conclusa più o meno decentemente così. Cioè, mi spiego meglio: alcune cose rimangono in sospeso, e viene anche introdotto un cliffhanger finale, ma non sono cose che ti fanno rimanere con il fiato sospeso a mangiarti le unghie fino a farle sanguinare aspettando il seguito.

Adesso, visto che ho l’impressione che la recensione andrà degenerando in una serie di considerazioni senza logica (a mia discolpa ho finito di leggere il libro cinque minuti prima di stilare la recensione, e l’ho letto in solo qualche ora, quindi capirete che sono un po’ trafelata), cercherò di fare un po’ di ordine, e stilare innanzitutto una lista (tanto per cambiare) di quello che vorrei dire: la trama, senza spoiler; considerazioni sui personaggi; ipotesi su cosa potrebbe accadere in futuro; paragone con la trilogia precedente.

Bene, iniziamo dalla trama. Poiché ho ereditato dalla nonna materna la totale incapacità di raccontare una trama senza andare nel dettaglio di ogni vicenda (di solito, a voce, il racconto di una trama da parte mia dura più o meno quanto la lettura del romanzo stesso), vi risparmio pagine e pagine di sproloqui e ricopio la trama papale papale dalla copertina:

Le porte dei sogni.
Porte con maniglie a forma di lucertola che si spalancano su luoghi misteriosi, statue che parlano, una bambinaia impazzita che si aggira con una scure in mano… I sogni di Liv Silver, quindici anni, negli ultimi tempi sono piuttosto agitati. Soprattutto quello in cui si ritrova di notte in un cimitero a spiare quattro ragazzi impegnati in un inquietante rituale esoterico. E questi tipi hanno un legame con la vita vera di Liv, perché Grayson e i suoi amici sono reali: frequentano la stessa scuola, da quando Liv si è trasferita a Londra. Anzi, per dirla tutta, Grayson è il figlio del nuovo compagno della mamma di Liv, praticamente un fratellastro. Meno male che sono tutti abbastanza simpatici. Ma la cosa inquietante – persino più inquietante di un cimitero di notte – è che loro sanno delle cose su Liv che lei non ha mai rivelato, cose che accadono solo nei suoi sogni. Come ciò possa avvenire resta un mistero, esattamente il genere di mistero davanti al quale Liv non sa resistere…

Oddio, non apprezzo particolarmente il modo di esporre la trama sulle copertine dei romanzi, perché spesso depistano quanto i trailer maledetti dei telefilm della CW, che mostrano scene che non avverranno mai (se seguite “The Vampire Diaries”, soffrite certamente per questo motivo) o fanno intendere cose che avverranno in tutt’altro modo. Oltretutto sono scritte in un modo che vorrebbe apparire accattivante, e invece secondo me banalizzano all’estremo. Ora non so voi, ma per come è esposta la trama di “Silver” io non lo leggerei. È scritta che nemmeno la trama di un libro di Geronimo Stilton.
Mi sento in dovere di completarla (ed ecco che non mantengo fede al mio impegno di non dire troppo, ma prometto, prometto davvero che non farò spoiler): Liv ha quasi sedici anni, una sorella minore di nome Mia di tredici, una bambinaia tedesca di nome Lottie, una madre insegnante di letteratura, un padre ingegnere, genitori separati, troppi traslochi alle spalle nei posti più lontani (da Berkeley in California ad Sudafrica), una passione per Sherlock Holmes, una cagnolina di nome Princess Buttercup formerly knwon as Doctor Watson (ma detta solo Butter) ed è esperta di kung fu.
Si trasferisce a Londra dove la madre ha trovato un nuovo compagno, Ernest Spencer, il quale ha due figli gemelli di diciassette anni, Grayson e Florence, e un gatto di nome Spot.
Grayson ha tre migliori amici che sono strafighi quanto lui: il mio preferito Henry, “Ken-look-con-barba” Jasper, “il ragazzo più bello dell’emisfero occidentale” Arthur.

Detto questo posso iniziare a fare le mie considerazioni: Liv è una protagonista come si deve. È bella, ma non lo sa e non ci si sente, ma non per questo è complessata del tipo “nessuno al mondo mi vuole”, e ringrazio Dio per questo, come ringraziavo per la stessa qualità in Gwendolyn, nell’altra trilogia. Una ragazza non può essere consapevole di non essere Charlize Theron senza che tutti quanti le inizino a fare il lavaggio del cervello su come “Ma che dici! La vera bellezza sta dentro di noi, ognuno è bello così com’è, non sei affatto brutta, non deprimerti, non essere complessata, il mondo è bello perché è vario, non piangere sul latte versato, più buio di mezzanotte non può fare, non bagnarti prima che piova, ambarabaciccicoccò”. Liv è consapevole dei suoi difetti ma non se ne fa un cruccio, anche perché gli altri la trovano bellissima ugualmente. Oltretutto è intelligente, di quelle intelligenze vispe, non da secchione, spiritosa, ironica e autoironica, razionale senza diventare bacchettona. Ma è anche una ragazza di quasi sedici anni che si prende una cotta (a mio avviso anche più di una) e, come tutte le persone innamorate, quando compare lui lei è tutta zucchero filato rosa e unicorni alati che volano verso il tramonto.

La sorellina, Mia, ha davvero un bel caratterino, è pungente e sagace ed è ancora in quell’età in cui l’altro sesso è una minaccia e le smancerie da coppiette sono vomitevoli.
Lottie è tutta un programma. Così adorabile che non si può non amarla.
La madre delle ragazze in realtà non la sopporto granché. Più di una volta avrei avuto voglia di urlarle addosso, perché è una di quelle madri che hanno l’impressione che le figlie abbiano perennemente tre anni e le mettono in imbarazzo in continuazione. Orrore.
La famiglia di Ernest è una di quelle famiglie perfettine, i cui figli, tra l’altro, sono esageratamente belli, senza che questo rechi particolare disturbo a Liv e Mia. E il fatto che Florence abbia scatti di isteria perché molto contrariata di dover convivere con la neo-acquisita famiglia, invece di renderla insopportabile, la rende simpatica agli occhi delle sorelle.

Grayson, Grayson, Grayson. Dove vuole andare a parare il tuo personaggio? Ne tratterò nella sezione sullo ipotesi per il futuro. Ad ogni modo lui e i suoi amici sono i più popolari della scuola, e, se io avessi avuto dei ragazzi come loro nel mio liceo, invece della fauna che lo popolava, non li avrei certo biasimati per essere il centro dell’attenzione. Certo è un po’ un cliché che i ragazzi che introducono l’elemento misterioso nei romanzi/film/telefilm debbano sempre essere degli strafighi che nemmeno il sole è così luminoso. Mi chiedo se non sia il mistero stesso che li contagia e li rende più belli. Questo spiegherebbe perché invece nel mondo reale c’è penuria di abbaglianti bellezze maschili. Non succede niente di strano = niente mistero = niente bellezza michelangiolesca.

I ragazzi sono estremamente diversi tra di loro, e il fatto che siano quattro aumenta il numero di lati che la figura geometrica amorosa assumerebbe se ci fosse un particolare interesse della protagoniste per tutti loro. Insomma, più che un tradizionale triangolo qui potremmo avere un pentagono. Ma per fortuna non tutti sembrano essere concorrenti di questo gioco. Il bellissimo Arthur, ad esempio, non parteciperebbe a questa ruota della fortuna. E me ne compiaccio, perché, sebbene sia considerato il più bello, è anche quello che mi piace di meno.
Lo stupido Jasper è così ingenuamente scemo che gli voglio bene. Non si può odiare lo scemo della situazione. Credo che anche lui sia troppo preso dalla sua ex, con cui ha un rapporto conflittuale, per interessarsi davvero a Liv, sebbene sia stato lui a notare per primo la sua bellezza (precisamente le sue belle gambe)  e abbia anche tentato di usarla come esca per ingelosire l’ex di cui sopra.
Rimane quindi Henry. Che è il mio preferito, perché le brave ragazze devono sempre cascare come le pere cotte per i ragazzi strafottenti e misteriosi. Henry ha l’aspetto meno angelico dei nostri fantastici quattro, quello che tiene più cose per sé, quello il cui comportamento non è sempre – veramente quasi mai – cristallino, quello che insomma fa sciogliere me come burro al sole.

Passiamo alle ipotesi su cosa potrebbe accadere, e qui devo fare due piccole premesse (tanto la recensione è già un papiro):
  1. Per tutta una serie di ragioni, sono portata sempre a elaborare teorie della cospirazione.
  2. Dopo avere letto il romanzo “Proibito” di Tabitha Suzuma, non mi faccio più di tanto problemi per le storie d’amore tra fratell(astr)o e sorella(stra).
Tra breve capirete perché ho fatto questo due affermazioni.

Quello che ho tralasciato di dire è che nella scuola di Liv esiste un blog chiamato “Tittle-tattle”, tenuto da un/a certo/a Secrecy, una sorta di Gossip Girl che sa i fatti di tutti e si premura di spiattellarli sul suo blog. Ora, considerando che sono reduce da una maratona di una stagione di “Pretty Little Liars” nel weekend, potete ben capire (se conosce la serie) che non posso pensare che una persona che ottiene informazioni sui fatti di tutti li ottenga in modo ortodosso. Ecco da dove viene fuori la mia teoria della cospirazione. Però, devo ammettere, l’ultimo post del Tittle-talle citato nel romanzo sembrerebbe indicare che Secrecy non sappia proprio tutto, ovvero non sappia cosa è successo davvero a Liv e ai fantastici quattro, e non sospetti strane attività da parte loro, come l’incontrarsi nei sogni, che, nel caso avessi dimenticato di dirlo, è il fulcro del romanzo. Staremo a vedere se Secrecy avrà un ruolo più importante nella storia dal secondo volume in poi. D’altra parte, gli spezzoni che dividevano i capitoli ne “La trilogia delle gemme” erano come i pezzi di un puzzle che il lettore poteva mettere insieme per costruire pian piano la verità e cogliere alcuni segreti. Non capisco bene se i post di Secrecy abbiano lo stesso valore.

Wanna take bets?
Il mio secondo punto l’ho introdotto perché nessuno può togliermi dalla testa che nel secondo volume si creerà un triangolo amoroso tra Liv, Henry e Grayson. La Gier non mi pare il tipo alla Tabitha Suzuma, che fa mettere insieme due fratelli di sangue, ma considerando che Grayson e Liv non sono fratelli di sangue nemmeno per una goccia, non ci sarebbe nemmeno un impedimento. Oltretutto questo tema dei fratelli è presente in molti romanzi: Clary e Jace sospettano di esserlo per tre libri buoni eppure pomiciano ugualmente; Miki e Yu di “Piccoli problemi di cuore” decidono di stare insieme anche se (pensano di essere) fratelli; Cercei e Jamie Lannister poi vi dicono qualcosa?
Quindi, a maggior ragione che qui i due non hanno nemmeno motivo di pensare di essere imparentati, non ci sarebbe affatto problema.
Non lo dico perché tifo per Grayson, lo dico perché ho interpretato alcuni segnali come un reciproco interesse da parte dei due (soprattutto da parte di lui, devo dire): lei che ogni tanto si incanta a guardarlo e si sorprende a commentare il suo bell’aspetto, lui che reagisce in modo strano quando la vede con Henry, lui che la guarda in modo strano, che dice e fa cose strane… non faccio spoiler, ma soprattutto quello che fa alla fine per Liv, che lei considera un gesto puramente fraterno, mi ha fatta esclamare “Fraterno un corno! Questo è cotto!”.
Una piccolissima parte di me ci spera, perché lui ha i capelli biondi e gli occhi castani e io AMO questa combinazione più di ogni altra, e poi lui le ha dato la sua felpa e io questa la considero una delle cose più carine che possano succedere. Una ragazza con la felpa di un ragazzo. Vomito arcobaleni.
Però Henry mi piace di più, anche se ha gli occhi grigi, e quindi sono Team Henry. Ma quanto volete scommettere che Liv finirà con Grayson? Accetto scommesse. E spero francamente di perdere, perché vincere non mi converrebbe.

Infine parlo brevemente del rapporto con la trilogia precedente: un lettore attento riconoscerà facilmente alcuni punti in comune (i topi, i ragni, l’incapacità di Liv di comprendere il latino, proponendo buffissime traduzioni maccheroniche, la gente dai nomi pomposi (lì avevamo James Pimplebottom, qui abbiamo Persefone Porter-Peregrin), l’ambientazione a Londra, la paura del sangue di Liv, ecc.) che non mi fanno sembrare il libro un déjà vu, anzi, li ho molto apprezzati.

Alcune frasi, devo ammettere, mi sono suonate un po’ strane in italiano, e non capisco se sia colpa della traduzione o cos’altro. Troppi “a me mi”, “a noi ci”, “a voi vi”.

Infine: l’idea principale è davvero intrigante e non vedo l’ora di saperne di più; non so dove la trama voglia andare a sfociare e questo è un gran punto a favore; non mi aspettavo che finisse come è finita e questo è un altro grosso punto a favore; per concludere: per adesso la Gier non ha superato se stessa, continuo a preferire la trilogia precedente. Ma non si sa mai che ci sorprenda con il seguito, che uscirà (non in Italia) il 26 giugno. Aspetto con impazienza di leggerlo.

Se siete rimasti con me fin proprio alla fine.
Detto questo, mi complimento per quanti sono riusciti a resistere fino a alla fine, perché ho scritto davvero tantissimo. Giusto la volta scorsa mi sentivo fiera di essere riuscita a recensire “Estasi culinarie” senza superare le due pagine di Word, e qui sono già a cinque. E se penso che ho anche dovuto ridimensionare quello che volevo dire, mi viene mal di testa solo a pensare quanto avrei potuto scrivere.
A presto, spero, quindi, con un altro post! Fatemi sapere cosa pensate di questo romanzo, se lo avete letto, o se vi ho incuriositi a leggere qualcosa della Gier, nel caso in cui non lo abbiate fatto!
Smack,

Andra

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