venerdì 8 novembre 2013

Books vs Movies #1: Les misérables

Premetto che fino a ieri avevo intenzione di parlare di Hunger Games, nella rubrica “Books VS Movies” di questa settimana, quindi quello che sto per scrivere è del tutto improvvisato. Il motivo per cui ho cambiato idea è stato semplicemente che mi è capitato di ascoltare un pezzo della canzone “On my own”, cantata da Samantha Barks, della colonna sonora de “Les misérables”, e questo mi ha condotta su una tortuosa strada di pensieri riguardanti questo film.
Ma andiamo con ordine. Intanto una notizia shock: il film si chiama “Les misérables”, non “I miserabili”. Si chiama così in inglese e si chiama così anche in italiano. Va bene che da una popolazione che ha deciso di pronunciare “Gatsby” esattamente per come è scritto, invece che molto più correttamente “Ghetsby”, non posso aspettarmi che si degni di chiamare un film con il suo nome. Amen. Io intanto, con questa notizia shock, spero di aver indotto qualche lettore a correggere l’errore (di entrambe le cose).
“I miserabili” (e stavolta sul serio “I miserabili”) è forse il romanzo più famoso di Victor Hugo, un mattoncino di più di 1000 pagine (per comodità, infatti, spesso lo si divide in più volumi) divise in diverse parti, ciascuna incentrata su un diverso personaggio, per quanto il protagonista sia sostanzialmente uno: Jean Valjean. Come il titolo fa presagire non si tratta di una storia felice. Credo anzi che la vicenda di Fantine sia la più triste di cui abbia mai letto in vita mia, superata solo da “La piccola fiammiferaia” di Andersen. Per quanto, ovviamente, anche tutto il resto tocchi epici livelli di tristezza. In qualche modo, comunque, la storia ha un relativo happy ending, dato che Cosette, una delle protagoniste, figlia di Fantine, sposa Marius, realizzando il sogno di entrambi. Peccato però che Cosette non stia simpatica proprio a tutti. Io, ad esempio, non la apprezzavo particolarmente, e di conseguenza non poteva interessarmi di meno che lei avesse o no il suo bel matrimonio felice. Ma capisco che un ennesimo finale tragico avrebbe straziato il pubblico del romanzo, che avrebbe bruciato al rogo il povero Hugo.
Non sto qui a esporvi la trama del romanzo. È lunga e complessa. Diciamo solo che Jean Valjean, per riscattare se stesso, dedica la sua vita alla protezione di Cosette dopo essere stato indirettamente la causa della morte di Fantine. Jean Valjean ha però un passato da galeotto (punizione tra l’altro immeritata), quindi deve vivere all’erta, perché il poliziotto Javert non cessa di dargli la caccia.
Il film, uscito nel 2012 e premiato agli Oscar (tra cui quello alla migliore attrice non protagonista per la Hathaway), non è tuttavia una rappresentazione fedele del romanzo. Ora voi, se siete lettori compulsivi come me, direte: “Ma che novità! I film non sono mai rappresentazioni fedeli dei romanzi!”. Ma qui c’è una scusante: il film di Tom Hooper non è basato solo sul romanzo di Hugo, ma anche e soprattutto sulla versione di Broadway del romanzo stesso. È infatti un vero e proprio musical (e con “vero e proprio musical” intendo dire che in tutto il film di battute parlate ce ne saranno una decina, e i restanti minuti dei 158 totali sono musicati), cosa che non tutti avevano capito prima di andare al cinema, ecco il perché dell’enorme successo di pubblico. Difatti, quando io ho specificato ai miei conoscenti questo dettaglio, ho dissuaso senza volerlo tutti dall’andarlo a guardare, testimoniando così che il fatto che fosse un musical non avrebbe proprio invogliato la gente (e questa era una litote, si veda il post precedente) ad andare al cinema.
Ma parliamo di quello che ne ho pensato io. Innanzitutto devo dire che adoro Hugo, come poeta e come romanziere, ma se c’è una cosa che proprio mi infastidisce del suo modo di scrivere è che prima di andare al nocciolo della questione fa una serie di premesse storiche, geografiche e quant’altro che sembrano infinite. Questo difetto ovviamente non può esserci in un film. Un film non ha di solito nemmeno il tempo di raccontare tutti gli eventi di un romanzo decisamente  più breve, figurarsi entrare nel dettaglio di tutti gli orpelli di Hugo. Quindi cose come la planimetria della casa del prete che aiuterà Jean Valjean ad andare sulla retta via nel film non ci sono. Come non c’è tutta la vita del suddetto prete e della sua parentela, né il racconto della sua posizione in città e robe simili. Da un lato scoccia un po’ che, dopo aver vinto il sonno numerose volte per superare queste parti durante la lettura, nel film siano state sostituite da un riferimento di due versi in una canzone. Dall’altro lato, però, sia lodato il cielo per questo!
Ovviamente, essendo una versione cinematografica, deve essere abbastanza d’impatto visivamente, quindi la noiosità di certe passaggi si supera anche così. Ma, di nuovo ovviamente, poiché è una versione cinematografica, si pone anche più attenzione su Marius che sul suo amico rivoluzionario, che nel libro era un personaggio importante e nel film mi pare non venga nemmeno chiamato per nome (cosa che succedeva anche nel libretto del musical, si dice a causa della difficile pronuncia del nome, “Enjolras”). Sarà che tenevo particolarmente a lui perché era un democratico patriota e combattente, mentre il beneamato Marius era un bonapartista bello e buono, e non capisco quale fosse il suo grande fascino.
Infine, riassumo: i difetti del romanzo di Hugo sono stati superati dalla versione cinematografica. Io amo i musical, quindi ho adorato anche questo. Gli attori sono stati tutti eccezionali (per quanto io fossi perplessa dalla scelta di Hugh Jackman per Jean Valjean, quando sono abituata a vederlo come Wolverine, e per quanto io debba dire che Russel Crowe non mi è parso un ottimo Javert) e farei una standing ovation ai truccatori che hanno saputo rendere Jackman irriconoscibile nelle varie fasi della vita di Valjean, e Anne Hathaway quasi brutta alla fine della vita di Fantine. Sono stata piacevolmente sorpresa, poi, dal fatto che le canzoni non siano state cantate in playback. Gli attori avevano un auricolare con la base musicale suonata al pianoforte, e cantavano direttamente in scena.
Quindi non direi che il romanzo batte il film, ma nemmeno che il film batte il romanzo. Sono due generi diversi che ritengo si completino magnificamente.
A domenica con la prima recensione!


Andra

2 commenti:

  1. Non avendo io la tua tempra e costanza, non ci ho mai nemmeno provato a leggere il libro, però anni fa avevo visto un vecchio film con Jerard Depardieu, che mi aveva dato una leggera infarinatura sulla storia. Di fatto sono andata al cinema in piena coscienza del fatto che fosse quasi completamente cantato in inglese con i sottotitoli (la maniacalità per le serie tv devo dire ha aiutato ENORMEMENTE nel compito di riuscire a seguire tutto senza affanno e capire spesso le canzoni senza nemmeno leggere) e l'ho adorato!

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    1. Oddio, mi hai ricordato dei sottotitoli! La mia mente li ha voluti rimuovere e non ne ho parlato nella recensione, dando per scontato che tutti avrebbero compreso le canzoni anche in inglese. Sconsiglio vivamente la lettura dei sottotitoli. Evidentemente la produzione italiana non aveva soldi per pagare un traduttore come si deve. Quando mi degnavo di guardare i sottotitoli mi venivano dei colpi apoplettici per la resa della traduzione!

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