lunedì 11 novembre 2013

Recensione #1: Dracula di Bram Stoker

Chi ama il fantasy e le storie di vampiri in particolar modo non può non avere, ad un certo punto della sua vita, la curiosità di leggere il romanzo che tratta la vicenda del vampiro per antonomasia: Dracula.
Bram Stoker, riprendendo un’idea già avuta dal molto meno famoso autore inglese John Polidori, diede vita nel 1987 a quello che si configurerà come l’ultimo romanzo della letteratura gotica classica.
Ora passiamo a dei commenti meno tradizionali.
Bisogna innanzitutto riconoscere che il successo del personaggio è più merito degli innumerevoli adattamenti cinematografici successivi che della bravura di Stoker. I suoi contemporanei avevano già decretato che il romanzo non era poi questo granché, difatti ebbe scarso successo di pubblico. A proposito degli adattamenti ecco quello che scrive Alessandro Baricco nella postfazione presente nell’edizione Oscar Mondadori del 2011 in mio possesso (mi è impossibile sapere se era presente o meno nei volumi delle stampe precedenti): “Vorrei pensare al Conte Dracula dimenticando tutto ciò che è successo dopo Bram Stoker. Non credo che sia un modo di avvicinarsi al segreto di quel personaggio. E’ solo un modo di guardarlo da un’angolatura vagamente caduta in disuso.” Ecco perciò cosa consiglia di fare Baricco: “Un metodo bisogna pur darselo. Il metodo potrebbe essere riassunto così: attenersi allo scritto di Bram Stoker. Smetterla di immaginarsi Mina Harker con la faccia di Winona Ryder. Difficile, ma non impossibile.”
Tentiamo. Innanzitutto, la vera storia di Dracula in poche parole: Jonathan Harker è ospite presso Castel Dracula, in Romania. Il Conte, che da subito insospettisce il nostro giovane inglese, cerca – e troverà – un modo per arrivare a Londra. A questo punto pressoché tutto il romanzo si svolge intorno a un unico nucleo: trovare il Conte e annientarlo. Figura centrale è il professor Van Helsing (che non è il baldo cacciatore di mostri dell’omonimo film del 2004 con protagonista Hugh Jackman, ma un vecchio dottore olandese), che sembra conoscere approfonditamente tutti i metodi di caccia al vampiro. Insieme a un suo vecchio allievo, il dottor John Seward, a due amici di quest’ultimo, Lord Godalming e Quincey Morris, e ai due coniugi Harker organizzerà un non troppo complesso piano per porre fine alla millenaria vita del Conte.
In una prima parte del romanzo, l’atmosfera lugubre da romanzo gotico si fa sentire eccome. Sembra quasi di essere circondati dalla nebbia e di sentire i pipistrelli svolazzare inquieti fuori dalla propria finestra, con i loro squittii agghiaccianti (questo se vi fanno impressione i pipistrelli. Giravano continuamente dove io praticavo tennis, la sera, e li trovo solo simpatici topolini con le ali). Tutto questo dura fino ad un certo punto. Fino a quando i nostri protagonisti non decidono di dare la caccia al Conte, una volta che il mistero sulla sua identità è stato svelato. Ed ecco che da questo momento in poi tutto quello che c’era di tetro svanisce. I piani ideati cadono nel banale, l’entusiasmo di Van Helsing per qualsiasi cosa esca dalla bocca di Mina Harker diventa quasi infantile. La loro lunga e per nulla avvincente caccia termina lasciando al lettore l’amaro in bocca. Vi giuro che le avventure della Scooby Gang erano molto più piene di suspance. E persino le idee poco brillanti del tipo “Scooby e Shaggy vanno da questa parte e noi dall’altra” sembrano frutti di una mente geniale, se paragonate a quelle dell’allegra brigata di Dracula.
Tutti quelli che si aspettano che Dracula sia protagonista vengono delusi: è vero che dà il titolo al romanzo, ma non potrebbe comparire di meno. La sua presenza aleggia tra i personaggi in ogni momento, ma fisicamente appare ben poco. Oltre al fatto che le sue intenzioni non sono chiarissime.
Il fatto che il romanzo sia un insieme di lettere, estratti di diari, articoli di giornale e telegrammi non aiuta proprio per niente. Soprattutto per il fatto che Van Helsing, essendo olandese, non parla un inglese eccellente e per questo i suoi discorsi sono talmente sgrammaticati che si fa fatica a comprenderli, e perciò vi ritrovate, dieci pagine dopo, con gli occhi vorticanti e rossi, a chiedervi: “Ma cosa diamine ha detto?”.
In sostanza: non vi aspettate una storia di vampiri come quelle moderne, piene di inseguimenti da batticuore e lotte per la salvezza del mondo. E nemmeno una storia visionaria come il film “Dracula di Bram Stoker” di Coppola, che non ho ben compreso dove voleva andare a parare (ma di questo parlerò un venerdì nella rubrica “Books vs Movies”).
In conclusione: non riesco a capire se questo romanzo mi sia piaciuto davvero poco perché è davvero brutto o perché mi aspettavo un capolavoro dell’arte letteraria e invece non lo è. Ma forse le cose non sono poi così diverse.
Intanto un saluto e alla prossima!
Smack,


Andra

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