Chi ama il fantasy e le
storie di vampiri in particolar modo non può non avere, ad un certo punto della
sua vita, la curiosità di leggere il romanzo che tratta la vicenda del vampiro
per antonomasia: Dracula.
Bram Stoker, riprendendo
un’idea già avuta dal molto meno famoso autore inglese John Polidori, diede
vita nel 1987 a quello che si configurerà come l’ultimo romanzo della
letteratura gotica classica.
Ora passiamo a dei
commenti meno tradizionali.
Bisogna innanzitutto riconoscere
che il successo del personaggio è più merito degli innumerevoli adattamenti
cinematografici successivi che della bravura di Stoker. I suoi contemporanei
avevano già decretato che il romanzo non era poi questo granché, difatti ebbe
scarso successo di pubblico. A proposito degli adattamenti ecco quello che
scrive Alessandro Baricco nella postfazione presente nell’edizione Oscar
Mondadori del 2011 in mio possesso (mi è impossibile sapere se era presente o
meno nei volumi delle stampe precedenti): “Vorrei pensare al Conte Dracula
dimenticando tutto ciò che è successo dopo Bram Stoker. Non credo che sia un
modo di avvicinarsi al segreto di quel personaggio. E’ solo un modo di
guardarlo da un’angolatura vagamente caduta in disuso.” Ecco perciò cosa
consiglia di fare Baricco: “Un metodo bisogna pur darselo. Il metodo potrebbe
essere riassunto così: attenersi allo scritto di Bram Stoker. Smetterla di
immaginarsi Mina Harker con la faccia di Winona Ryder. Difficile, ma non
impossibile.”
Tentiamo.
Innanzitutto, la vera storia di Dracula in poche parole: Jonathan Harker è
ospite presso Castel Dracula, in Romania. Il Conte, che da subito insospettisce
il nostro giovane inglese, cerca – e troverà – un modo per arrivare a Londra. A
questo punto pressoché tutto il romanzo si svolge intorno a un unico nucleo:
trovare il Conte e annientarlo. Figura centrale è il professor Van Helsing (che
non è il baldo cacciatore di mostri dell’omonimo film del 2004 con protagonista
Hugh Jackman, ma un vecchio dottore olandese), che sembra conoscere
approfonditamente tutti i metodi di caccia al vampiro. Insieme a un suo vecchio
allievo, il dottor John Seward, a due amici di quest’ultimo, Lord Godalming e
Quincey Morris, e ai due coniugi Harker organizzerà un non troppo complesso
piano per porre fine alla millenaria vita del Conte.
In una prima parte
del romanzo, l’atmosfera lugubre da romanzo gotico si fa sentire eccome. Sembra
quasi di essere circondati dalla nebbia e di sentire i pipistrelli svolazzare
inquieti fuori dalla propria finestra, con i loro squittii agghiaccianti (questo
se vi fanno impressione i pipistrelli. Giravano continuamente dove io praticavo
tennis, la sera, e li trovo solo simpatici topolini con le ali). Tutto questo
dura fino ad un certo punto. Fino a quando i nostri protagonisti non decidono
di dare la caccia al Conte, una volta che il mistero sulla sua identità è stato
svelato. Ed ecco che da questo momento in poi tutto quello che c’era di tetro
svanisce. I piani ideati cadono nel banale, l’entusiasmo di Van Helsing per
qualsiasi cosa esca dalla bocca di Mina Harker diventa quasi infantile. La loro
lunga e per nulla avvincente caccia termina lasciando al lettore l’amaro in
bocca. Vi giuro che le avventure della Scooby Gang erano molto più piene di
suspance. E persino le idee poco brillanti del tipo “Scooby e Shaggy vanno da
questa parte e noi dall’altra” sembrano frutti di una mente geniale, se
paragonate a quelle dell’allegra brigata di Dracula.
Tutti quelli che si
aspettano che Dracula sia protagonista vengono delusi: è vero che dà il titolo
al romanzo, ma non potrebbe comparire di meno. La sua presenza aleggia tra i
personaggi in ogni momento, ma fisicamente appare ben poco. Oltre al fatto che
le sue intenzioni non sono chiarissime.
Il fatto che il
romanzo sia un insieme di lettere, estratti di diari, articoli di giornale e
telegrammi non aiuta proprio per niente. Soprattutto per il fatto che Van
Helsing, essendo olandese, non parla un inglese eccellente e per questo i suoi
discorsi sono talmente sgrammaticati che si fa fatica a comprenderli, e perciò
vi ritrovate, dieci pagine dopo, con gli occhi vorticanti e rossi, a chiedervi:
“Ma cosa diamine ha detto?”.
In sostanza: non vi
aspettate una storia di vampiri come quelle moderne, piene di inseguimenti da
batticuore e lotte per la salvezza del mondo. E nemmeno una storia visionaria
come il film “Dracula di Bram Stoker” di Coppola, che non ho ben compreso dove
voleva andare a parare (ma di questo parlerò un venerdì nella rubrica “Books vs
Movies”).
In conclusione: non
riesco a capire se questo romanzo mi sia piaciuto davvero poco perché è davvero
brutto o perché mi aspettavo un capolavoro dell’arte letteraria e invece non lo
è. Ma forse le cose non sono poi così diverse.
Intanto un saluto e
alla prossima!
Smack,
Andra
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